Tanzania: regione di Sumbawanga, nei pressi del Lago Tanganica a due giorni d’auto e fuoristrada dalla costa dell’Oceano Indiano.
Qui, nella vasta distesa della savana, lo sguardo si perde nell’orizzonte, nei suoi caldi colori e nell’immensità di una terra ancora incontaminata. I pensieri si placano. Lungo la strada sterrata sorgono piccoli villaggi dove manca l’acqua e dove molte capanne ancora oggi vengono costruite con il solo ausilio di fango e paglia.
Una donna siede all’ombra del suo banano, quattro carpette e cinque polli. Unica fonte d’illuminazione sono i piccoli fuochi posti fuori dalle abitazione al calar del sole. Il tempo scorre, non corre.
A ridosso di una montagna, nei pressi di una foresta sorge il Monastero Benedettino di Mvimwa (Mvimwa Holy Spirit Abbey), comunità fondata nel 1979 da monaci benedettini missionari, con la passione della fede, della preghiera e del lavoro. Occupa una vasta superficie agricola e insieme alla comunità di St. Bernard Kipili e St. Benedict Sumbawanga dispone di un convitto, istituto di formazione religiosa, dispensario sanitario, laboratorio di analisi, scuole e un collegio d’insegnanti.
A 6 Km dal Monastero di Mvimwa è ubicata una grande scuola, la St.Placidus Primary School, che ospita oltre 600 bambini (5-12 anni), di cui 400 con residenza permanente perché le loro famiglie sono a migliaia di chilometri. A tutti viene assicurata adeguata istruzione per una prospettiva di vita differente, migliore e offerta l’accoglienza di una vera e propria famiglia.
Sulla grande spianata di terra battuta, al di là delle acacie che circondano la scuola, si gioca a calcio, maschi e femmine indifferentemente, con uno o due palloni di gomma e tanti piccoli palloni costruiti con sacchetti di plastica e corda.
Chi scalzo, chi con scarpe rotte, o con scarpe esageratamente più grandi del necessario o differenti una dall’altra, ma con agonismo, gioia e tanta voglia di divertirsi.
Una realtà che, se non toccata con mano propria, è difficile credere reale.
Solo tentare di immaginare il suono di quelle risate, il rosso intenso della terra, gli orizzonti senza confine toglie il respiro e viverlo ti ruba il cuore.
Un viaggio nell’agosto di due anni fa, intrapreso inizialmente con la curiosità di semplici viaggiatori vogliosi di conoscere un mondo totalmente agli antipodi dalla realtà quotidiana, si è trasformato nel sogno di divenire parte di quella realtà e portatori di esperienza da condividere.
Il sogno ha iniziato a prendere forma concreta nell’estate 2015. Grazie al supporto della società sportiva Rugby Parabiago 1948, abbiamo tentato di portare nella scuola di Mvimwa la passione per uno sport ricco di valori come il rugby e le regole elementari del gioco. Eravamo equipaggiati di un gran numero di magliette e palloni ovali, sponsorizzati dalla nostra società e da una energia straordinaria data proprio dal contesto. Superfluo descrivere la gioia dei bambini nel ricevere semplicemente le magliette forniteci dal Rugby Parabiago.
Difficile invece tentare di raccontare l’incredibile entusiasmo di bambini, bambine ed insegnanti nel poter apprendere i primi rudimenti di un gioco a loro sconosciuto. Dopo il naturale impaccio dei primi momenti, la “tecnica” del passaggio laterale della palla ha cominciato ad affrancarsi e dopo un’ora i bambini già correvano avanti e indietro per il campo abbozzando una specie di partita “venti contro trenta”.
Immensa la gratitudine da parte degli insegnanti e dei bambini stessi espressa a noi e di conseguenza alla dirigenza e agli amici del Rugby Parabiago.
Un semplice gesto di solidarietà ci ha consentito di portare un intermezzo sportivo importante e di far conoscere il nostro meraviglioso sport, nutrimento del corpo e dello spirito di gruppo, anche in questo angolo sperduto di mondo.
Oggi il sogno continua…. e a pochi mesi di distanza dal nostro ritorno dalla Tanzania, insieme alla dirigenza del Rugby Parabiago, sta prendendo forma l’idea di un progetto sportivo (clicca qui per leggerlo) in Africa.
Il Rugby Parabiago si è entusiasmato dell’iniziativa avviata da un gruppo di persone del nostro territorio: Tiziana Bernardi, Daniele Rizzi, Pietro Angeretti, Bianca Rizzi, Clara Mazzagatti e Giulia Rizzi.
E’ un progetto impegnativo, che mira a dare una risposta sistemica ai processi educativi/formativi/professionali di quegli ambiti utili ad assicurare sussistenza dignitosa o addirittura sopravvivenza a chi vive nei villaggi africani .
Avviata l’Associazione “Golfini Rossi” (con sede a Bareggio) così chiamata per ricordare la divisa dei bambini della scuola primaria di Mvimwa, questo gruppo di temerari ha coinvolto molte Università italiane, Istituzioni, Imprese per dare strumenti adeguati e forza al Monastero di Mvimwa, questa incredibile realtà gestita da 74 monaci africani, che occupa oltre 3000 ettari di savana, ospita più di 2000 studenti e 130 insegnanti, supporta le oltre 20.000 persone che vivono presso gli insediamenti rurali, assistendole sotto il profilo sociale e sanitario.
Con gli strumenti adeguati il Monastero di Mvimwa sarà prima “il motore” di trasformazione socio/economica di quel territorio e poi sarà “cinghia di trasmissione” di questa evoluzione con tutti gli altri Monasteri africani.
Lo sport, prima di incontrare Rugby Parabiago 1948, non era in progetto o forse meglio non era una priorità per Mvimwa.
Oggi, dopo confronti aperti e leali e una presa di coscienza anche da parte degli insegnanti del Monastero durante le giornate passate a Mvimwa giocando a rugby con gli studenti della scuola primaria, tutti siamo d’accordo nel ritenere che possa invece essere un facilitatore di integrazione, un propulsore di buone prassi e rigore, un meccanismo di accelerazione del bene comune.
Grazie Rugby Parabiago 1948 per questo spazio riservato per far conoscere Mvimwa.
Grazie Rugby Parabiago 1948 e ai suoi dirigenti per aver preso sul serio il nostro sogno e volerlo condividere.
Grazie amici del Rugby Parabiago 1948 per l’attenzione che avete riservato alla lettura di questo articolo.
In Africa si dice UBUNTU. È un’espressione profonda che vuole dire: io sono perché noi siamo.
Incarna, credo, lo spirito di queste due meravigliose realtà.
Giulia Rizzi